Sesta lezione del seminario Margini e Confini: Cittadinanze Caritas diocesana di Nola – Loredana Meo

Sesta lezione del seminario

Margini e Confini: Cittadinanze

Caritas diocesana di Nola

 

 

Ciro Pizzo

Quello che mi ero ripromesso oggi è di fare un pò da cappello più o meno al tema delle migrazioni, che riflettendoci un attimo anche con la prof.ssa Fiorelli e il prof. Di Grazia, di darvi almeno qualche elemento teorico di riferimento sul tema delle migrazioni prima di affrontare l’impatto delle migrazioni su un territorio particolare, del quale vi parlerà una responsabile dell’osservatorio Caritas della diocesi di Nola.

Il mio compito si riduce almeno ad un’introduzione per grandi linee interpretative che sono state date al fenomeno migratorio. Riguardo al tema delle migrazioni, forse il è il punto che più emerge dagli incontri che abbiamo avuto, su cui si erge il tema delle nazioni, questa invenzione europea che accompagna tutta la modernità. L’immagine che ci viene in mente quando si pronuncia il termine nazione è la rigidità e la fissità dei confini; spesso nella storia dei Balcani, l’abbiamo visto negli interventi precedenti, emerge questa necessità di riconoscere dove finisce l’appartenenza cattolica, quella musulmana e dove ci si può riconoscere in un’identità nazionale e qui nascono le ideologie nazionali e non solo ma qui nascono le nazioni che coincidono con le barriere nazionali, i confini. In realtà quello che bisogna sempre sottolineare è che si tratta sempre di costruzioni culturali; lo Stato deve presentare in termini rigidi dei confini, perché si tratta del riconoscimento dell’autorità, quindi i confini evidenziano l’autorità di uno stato nazionale. C’è questo intreccio tra le varie dimensioni che formano il confine come elemento istitutivo e costitutivo. Per cui uno Stato senza confine è uno stato inimmaginabile per le nostre categorie, poiché si tratta sempre di chiedere un riconoscimento fuori. Possiamo vederla anche come una lettura fondamentalista della nazione, come fondamento unico di appartenenza comunitaria attorno a cui si rivela la nuova possibilità di riconoscimento fuori dei propri confini, perché è l’altro che ci riconosce.

Noi oggi pensiamo a migrazioni soprattutto nel rapporto con l’esterno dell’Europa, ma dobbiamo considerare anche di una lunghissima storia di migrazioni interne sia nelle singole realtà nazionali ma anche alle piccole realtà territoriali, perché ogni piccolo territorio, che anche a seconda dei mezzi di comunicazione che hanno, si ha la necessità di configurarsi come sistema autosufficiente per garantire la sopravvivenza delle proprie persone che vivono sul territorio. Quindi c’è sempre questa considerazione da tener presente nell’analisi delle nazioni. Teniamo presente anche un altro elemento fondamentale per lo studio delle migrazioni: il legame con il mercato del lavoro. Ancora oggi uno dei punti nevralgici della questione delle migrazioni è questo nesso; cioè lo studio delle migrazioni nasce all’interno del contesto lavorativo quando c’è da fare i conti con gli spazi e i posti di lavoro disponibili. Il tema delle migrazioni nasce come possibilità di libertà alle origini: c’è una chiave di lettura di una scuola post-weberiana che parte dagli studi su contadini fatti da Max Weber, studi giovanili sulla agricoltura tedesca e questo si è posto come una chiave di interpretazione per chi cerca di migliorare la propria condizione. Vedete che già questa è una semplificazione del macrodiscorso che stiamo facendo; diciamo che nella storia ci sono stati anche dei migranti “di lusso”, ma questi piuttosto viaggiavano in un’Europa dove i soggetti si muovono in continuazione. Si tratta di una élite che circola stabilmente all’interno delle frontiere europee, ci sono grandi artisti che girano per le corti europee, uomini di cultura in genere, per cui per questi si usa la dicitura “viaggiano”, mentre per coloro che partono dai paesi più poveri diciamo che “migrano”. Fate attenzione coincide anche sulle categorie: il clandestino è un termine che è stato politicamente connotato, usato nelle battaglie politiche. Quindi occorre sempre far attenzione all’utilizzo di queste categorie, perché il tema delle migrazioni è diventato uno dei temi caldi di tutte le campagne politiche che si sono avvicendate negli ultimi anni e lo sarà stabilmente, questo va a incidere sul mercato del lavoro negli Stati nazionali. Quindi possono circolare liberamente, secondo l’ideologia liberale, le merci e i capitali, si è fatto di tutto per facilitarne gli spostamenti, per gli uomini invece no! Per cui a seconda delle appartenenze hanno più o meno libertà di circolazione; per cui chi appartiene ad un Paese ricco ha dei vantaggi rispetto a chi appartiene ad un Paese con più difficoltà.

Le migrazioni hanno svolto un ruolo storico fondamentale per la modificazione del mercato del lavoro perché la regolamentazione delle migrazioni transatlantiche è stato uno dei vettori che ha portato alla produzione della schiavitù. Ora non posso darvi tutte le informazioni che servirebbero, ma posso solo dirvi che le migrazioni europee verso gli Usa passano attraverso dei modelli storici ben precisi.

Ci sono due buone ricostruzioni: una è di Klaus J. Bade, L’Europa in movimento. Le migrazioni dal Settecento a oggi, Roma-Bari, Laterza, 2001 e l’altro è di Yann Moulier Boutang, Dalla schiavitù al lavoro salariato, Roma, Manifestolibri, 2002, che fanno da cornice alla metamorfosi delle questioni sociali. Per una ricostruzione infografica: http://www.global-migration.info/

Per quanto riguarda l’Italia, così ci avviciniamo rapidamente alle questioni del nostro territorio: c’è un momento storico che avviene a metà degli anni ’70 che segna un cambiamento radicale per il mercato del lavoro europeo: c’è lo shock petrolifero, il blocco delle esportazioni e inizia una politica di blocco delle frontiere da parte delle nazioni più evolute del nord Europa; per cui trovando bloccati gli accessi all’Europa del nord, i migranti iniziano a prendere come obiettivo i Paesi del sud dell’Europa e l’Italia inizia a divenire una delle mete stabili di immigrazione. Iniziano ad emergere delle figure prototipiche che accompagneranno un po’ tutta la storia delle migrazioni in Italia: ho fatto una sorta di raccolta di figure di queste icone delle migrazioni e che poi diventeranno anche dei profili professionali. Abbiamo due modelli agli inizi degli anni ’70 che poi si stabilizzeranno: uno è quello di coloro che arrivano in Italia al seguito di famiglie importanti e sono eritrei, somali e restano per lo più all’interno dei questi ambiti familiari. La prima figura esterna della storia delle migrazioni è quella del filippino che diventa un primo profilo professionale all’interno delle famiglie e svolge le incombenze familiari è un pò il maggiordomo delle famiglie borghesi. In questa categoria di “filippini” rientrano capoverdiani. Dopo il 1989 sarà soppiantato da un’altra figura emergente che è la polaccache entra nelle case per collaborare con le famiglie e il vantaggio come nel pretendente caso è quello di appartenere all’ ambito cristiano che ne agevola il contatto diretto con le persone della famiglia. E in questa categoria rientrano un po’ tutti coloro che provengono dai Paesi dell’est europeo. Altra figura che a metà degli anni 70 arrivano in Italia ma appartenenti ad altra area culturale sono i marocchini che creano un altro profilo professionale: il venditore ambulante. Nell’immaginario sono queste le traiettorie; l’innovazione avviene dopo la caduta del muro di Berlino, cambia lo scenario, entra sulla scena non più questa tipologia di immigrato ma c’è un immaginario diverso che si richiama a quello che diceva Cozzolino dello slavo: lo slavo violento accompagna tutte le immigrazioni dai Balcani; arrivano gli albanesi che sono quelli associati per antonomasia ai delitti efferati, di cui parlava anche la Pandolfi, seguiti successivamente dai rumeni che si confondono per dicitura con i Rom i quali sono associati all’idea di essere poco propensi alla socialità, mentre sono presentati come propensi allo sfruttamento delle donne, ai comportamenti violenti, di non avere una fissa dimora, essere quindi nomadi. Oggi si accentuano queste caratterizzazioni negative di queste che sono diventate ormai vere e proprie categorie sui nostri territori perché c’è un problema di crisi strutturale dei nostri stessi territori.

Adesso lascio la parola a Loredana.

CARITAS Nola – Loredana Meo:

Vorrei raccontarvi un pezzettino del mondo di cui già state parlando da un po’ di giorni, che è appunto quello del territorio della Caritas diocesana di Nola. Si tratta di un organismo pastorale, fondato da un vescovo, ed ha un suo mandato che è quello desensibilizzare le comunità laiche, trasversalmente, a partire ovviamente da quelle religiose del territorio, alla funzione e messa in atto di tutte le forme di carità, secondo ovviamente delle regole che valgono per tutti e che sono racchiuse in tre paroline: ascoltare, osservare e discernere. Per far questo le tre paroline chiave si incarnano in tre strumenti particolari che sono: il centro di ascolto, l’osservatorio delle povertà e delle risorse e il laboratorio.

Io sono la responsabile dell’ osservatorio delle povertà e delle risorse, insieme ad un’équipe che ha il compito di osservare un determinato territorio, e nel mio caso quello della Caritas diocesana di Nola, in termini di povertà e di risorse presenti ed eventualmente valutare anche le possibili cause delle povertà locali. Il territorio della Caritas ha una sua conformazione molto particolare dal punto di vista socio-demografico: esso copre 46 comuni su tre province che sono Napoli, Avellino e un solo comune appartenente alla provincia di Salerno.

Rispetto al tema dei migrantes, 13 anni fa la Caritas di Nola ha istituito il servizio del Centro Ascolto, il quale funziona come un piano sociale di zona, ovvero afferiscono al centro ascolto delle macro aree di bisogni, sia bisogni primari che bisogni di altra natura e genere. Quindi immaginate un po’ anziani, migranti, povertà di diversa natura. Dopo un anno dall’istituzione di questo centro di ascolto, l’osservatorio – nella mia persona – attraverso una lettura delle schede di accesso, dove noi registriamo tutte le persone che si rivolgono a un determinato servizio, si è visto che, per l’83%, coloro che si erano rivolti a noi erano immigrati.

Per lo più al primo posto c’erano color che provenivano dalla Polonia, Ucraina, e al terzo posto dal Marocco. Per il 63% erano donne, la cui richiesta principale riguardava i bisogni quotidiani ma non solo. C’era anche la richiesta di un costante accompagnamento da parte di un volontario, di sostenerle durante le pratiche burocratiche, come il permesso di soggiorno, inserimento anche per i familiari rimasti in patria, istruzione e formazione per i figli e tutto ciò che poi riguardava l’assistenza sanitaria italiana.

Per cui la Caritas ha fatto discernimento, come dicevo prima, e ha staccato un pezzettino della Caritas stessa per dal luogo ad un altro servizio, quello dello “Sportello legale per gli immigrati”. Obiettivo è quello di rafforzare la tutela giuridico – legale delle persone e famiglie immigrate presenti sul territorio della diocesi di Nola, attraverso il miglioramento della conoscenza della normativa nazionale e locale vigente e dell’acceso ai servizi di welfare locale. Informazione e assistenza per le pratiche amministrative (rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno, ricongiungimento familiare, acquisto di cittadinanza, compilazione modulistica)

Consulenza ed assistenza legale (in materia di diritto dell’immigrazione, diritto civile, diritto del lavoro, diritto penale, diritto di famiglia, locazioni, stesura di contratti, tutela del consumatore), attivando, se necessario, il meccanismo del Gratuito Patrocinio.

Questo Sportello ha avuto due punti di forza: innanzitutto che la volontaria che se ne è occupata era essa stessa una consulente legale e poi l’inserimento del migrante come risorsa ovvero come mediatore culturale, che facesse da ponte tra il servizio offerto da noi e coloro che arrivavano, questo per ovviare a tutti quegli impedimenti dovuti alla comunicazione e poi per il rispetto della persona nella sua globalità, quindi degli usi e costumi, tradizioni che sono caratteristiche peculiari di ogni nazionalità.

Dall’anno 2008 al 2010 c’è stato un picco esponenziale di accoglienza di ospiti circa 600 se ricordo bene. Dall’anno 2011 al 2012, c’è stato un picco in termini di decremento, questo dovuto forse alla attuale crisi economica, perché noi avevamo un banca dati degli assistiti, a cui facevamo riferimento su richiesta delle diverse aziende presenti sul territorio.

Lo sportello con il tempo è andato oltre le sue mansioni creando formazione con l’obiettivo di fare “rete”, coinvolgendo i sindacati locali, i Centri per l’impiego e le associazioni che occupavano dei migranti.

Attualmente nel nostro contesto territoriale mi sento di dire, senza dati scientifici alla mano, che l’impatto con le popolazioni autoctone non è assolutamente positivo e non c’è integrazione totale perché non sono state create le basi per creare una totale integrazione, per cui si necessita di un abbattimento dell’ignoranza ovvero, nel senso letterale del termine, di ignorare, cioè di non conoscere.

Vi ringrazio.

 

 

 

 

 

Lascia un commento